Mantova in bianco e nero - Museo Francesco Gonzaga

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Mantova in bianco e nero

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Vittorio Marchesi

Mantova in bianco e nero

mostra fotografica dal 21 giugno al 6 luglio 2014

Secondo una modalità tipica della fotografia novecentesca, Vittorio Marchesi lavora per temi: sebbene ogni fotografia abbia una propria autonomia visiva e narrativa, il suo autore non lavora per unità separate, ma si impone un tema di lavoro e su questo si concentra. È il principio, in fondo, con cui è nato il libro fotografico: non una antologia di belle fotografie (o non solo), ma un vero e proprio racconto che si dipana da un’immagine all’altra e che, nell’insieme, descrive, evoca o allude più livelli di significato.
Vittorio ha scelto di lavorare sugli insediamenti umani, siano essi paesi, a partire dal luogo dove vive e lavora, Trescore Balneario, per muovere verso la Franciacorta e verso i laghi lombardi, o siano città storiche. Su questa direttrice, dunque, approda a Mantova, forte di un bagaglio già esercitato nella restituzione di luoghi vicini e familiari (e che, come tali, si afferrano più a fondo), chiedendosi come avvicinare un luogo con una storia così ingombrante e fare i conti con il presente... Le bellezze monumentali sono lo sfondo (ma non la scenografia) delle azioni umane: nella città c’è la gente che si ritrova le domeniche in piazza, o il via vai per preoccupazioni più feriali e quotidiane, e una serie di gesti e azioni che danno il ritmo dei luoghi. Da questo punto di vista, Vittorio è andato in cerca di un tempo dell’uomo che non è comune nelle cadenze della città moderna, della frenesia metropolitana: in quella vita mite di paese che ancora connota i piccoli centri, ha ritrovato, senza costruirvi una mitologia, un mondo “antico”, o meglio quella cadenza atemporale che ancora sospinge il paesaggio della bassa padana. Anche qui, naturalmente, non poteva non irrompere la vita moderna: ecco allora, accanto al bar che fa da punto di ritrovo agli abitanti meno giovani, il negozio d’abbigliamento di marca, che non ha il fascino demodé della vecchia boutique, ma è entrato comunque a far parte del panorama della vita quotidiana. Volenti o nolenti, sembra voler dire il racconto fotografico di Vittorio Marchesi, c’è una modernità che ha fatto una capillare irruzione in realtà fra loro molto diverse: ma anziché segnalare l’alterità e il contrasto, ha mostrato la continuità e l’adattamento. Non a caso, per fare questo con più agio, ha fatto ricorso al bianco e nero. La suggestione suscitata dalla fotografia in bianco e nero risiede probabilmente in una dimensione di alterità più marcata rispetto alla fotografia a colori. Quest’ultima ci ha abituato a una situazione mimetica fondamentale, che la monocromia, almeno in parte, attutisce. La attutisce ovviamente non per minore capacità descrittiva, piuttosto per il fatto che l’assenza di colore non appartiene, salvo alterazioni fisiologiche, all’esperienza comune del vedere. La monocromia, forse, rimarca una distanza che il presunto realismo del mezzo fotografico avrebbe teoricamente ridotto: e quella distanza, in fondo, non è altro che una implicita metafora del tempo passato.


Luca Pietro Nicoletti




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